sabato 18 novembre 2017

Il settore secondario, industria e petrolio

Le risorse energetiche

~ I consumi di energia sono in forte aumento sia per la crescente richiesta dei paesi in via
di sviluppo, che sono in fase di industrializzazione e di miglioramento del tenore di vita delle
popolazioni, sia per la crescita costante della domanda da parte degli USA e dei paesi europei.
Tra il 2005 e il 2020 è previsto un incremento del 50% dei consumi mondiali di energia.
~ Oggi i 3/4 dell'energia prodotti nel mondo provengono da fonti non rinnovabili, cioè da
materiali esistenti in quantità limitata e che non si possono riprodurre se non nel giro di milioni
di anni. Si tratta di tre combustibili fossili: il petrolio (33%), il gas naturale (22%), il carbone
(20%). Anche l'uranio, con cui viene prodotta tramite fissione l'energia nucleare utilizzata
in molti paesi, è una fonte non rinnovabile. L'uso di queste risorse naturali comporta
problemi ambientali e rischi per la salute dell'uomo.
~ Per il ruolo centrale che oggi svolge, il petrolio è destinato a divenire sempre più raro e
costoso. Infatti, mentre il consumo di «oro nero» è cresciuto rapidamente in ogni parte del
mondo, la sua produzione è rimasta quasi invariata e le sue riserve potrebbero esaurirsi entro
sessant'anni. Le maggiori potenze economiche, a partire dagli USA, dipendono sempre
più dalle forniture di petrolio, che viene estratto oltre che in Medio Oriente (66% delle riserve
mondiali), anche in America Latina (10, 7%), Africa (7%), ex URSS (6%), Nordamerica (6%),
Europa (2%). Proprio per il controllo dell'oro nero in alcune di queste aree (Kuwait, Iraq, Cecenia,
Caucaso) sono scoppiati negli ultimi decenni violenti conflitti.
~ Un'alternativa alla sfrenata corsa al petrolio e al crescente inquinamento del pianeta è costituita
dalle fonti rinnovabili, che non inquinano, non si esauriscono mai e sono ampiamente
disponibili. Le più utilizzate sono l'acqua, con cui si produce l'energia idroelettrica, e
il vento, dal quale si ricava l'energia eolica, in netto aumento soprattutto in Europa (+24%
annuo nell'ultimo decennio).
Anche l'energia solare, prodotta tramite impianti fotovoltaici e centrali termosolari, ha
registrato una crescita costante soprattutto in Giappone, Germania e USA grazie a leggi specifiche
e agevolazioni finanziarie . L'UE, inoltre, si è posta l'obiettivo di raggiungere entro il
2010 una quota del 14% di energia prodotta con fonti rinnovabili.

Il petrolio

Il petrolio deriva, attraverso un processo durato milioni di
anni, dalla decomposizione di vegetali o animali marini
che si depositarono insieme a sedimenti di sabbia e argilla
sul fondo di mari poco profondi, paludi o lagune. In ambienti
privi di aria i resti degli organismi marini fermentarono e
si trasformarono gradualmente in petrolio e gas. Per millenni
i giacimenti di petrolio sono rimasti in profondità, finché
imponenti movimenti della litosfera li hanno riportati
alla superficie o vicino a essa. Per questo grandi giacimenti
di petrolio si trovano nel Golfo Persico, nel Mare del Nord,
nel Golfo der Messico o in regioni interne dell'Asia e dell'America
un tempo sommerse dal mare.
Già conosciuto nell'età antica, il petrolio non era utilizzato
perché le tecnologie allora conosciute non ne permettevano
lo sfruttamento. Il suo utilizzo a fini produttivi iniziò
nell'Ottocento con la seconda rivoluzione industriale, che
introdusse l'industria chimica, le centrali per la produzione
di energia elettrica e il motore a scoppio. Il primo pozzo di
petrolio a fini industriali fu attivato in Pennsylvania (USA)
nel 1859. Gradualmente furono avviate prospezioni, cioè ricerche
nel sottosuolo e nei fondali marini, in diverse regioni
del mondo a cominciare dal Medio Oriente, dove nel 1908 fu
attivato il primo pozzo petrolifero (Iran). Da allora il consumo
di petrolio nel mondo è aumentato costantemente anche
grazie alla sua facilità di estrazione e trasporto, all'elevato
potere calorifico, al suo util_izzo sia come fonte energetica
sia come materia prima, ad esempio, nella produzione di
plastica e fibre tessili artificiali. Il boom dell' «oro nero» $i
ebbe dopo la Seconda guerra mondiale, quando divenne la
principale fonte d'energia al posto del carbone. Da allora in
poi, il prezzo del petrolio è diventato il principale fattore
economie~ internazionale, perché il suo aumento provoca
una catena di aumenti di tutti i prodotti industriali e anche
dei prodotti agricoli e dei servizi. Dal petrolio dipendono
quindi in larga parte gli equilibri dell'economia mondiale.
Per decenni l'estrazione del petrolio, la sua raffinazione e
il suo commercio sono stati saldamente in mano alle «sette
sorelle», un gruppo di potenti multinazionali statunitensi ed
europee che, in cambio del pagamento di minime percen- '
tuali, ottennero dai governi di diversi paesi del Medio Oriente
e dell'America Latina il permesso di sfruttare enormi giacimenti
. .A partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, però, i
paesi produttori di petrolio, riuniti nell'OPEC (associazione
dei paesi esportatori di petrolio). cominciarono a riprendere
il cont_rollo delle proprie risorse, finché un decennio dopo
quadruplicarono il prezzo del greggio, ridussero la sua produzione
e decretarono la fine di un'epoca, quella della disponibilità
dell'energia illimitata e a basso costo.
Oggi si stima che vi siano ancora riserve sfruttabili pari a
circa 1550 miliardi di barili di petrolio, contro una disponibilità
iniziale [1859] di circa 2350. Al ritmo di consumo attuale,
tali riserve potrebbero esaurirsi nel giro di sessant'anni.

Il mondo futuro: energia dall'idrogeno

• Un mondo più pulito e più pacifico potrebbe essere possibile grazie all'avvento di un nuovo
sistema energetico basato sull'utilizzo dell'idrogeno, un elemento naturale composto da
molecole che bruciando producono acqua ed energia. A differenza di petrolio e carbone,
quando viene bruciato non emette anidride carbonica (responsabile dell'effetto serra) né ossidi
di zolfo (responsabili delle piogge acide). Rispetto alle altre fonti energetiche rinnovabili
presenta inoltre il vantaggio di poter essere immagazzinato e trasportato sia in forma gassosa
attraverso i gasdotti sia in forma liquida tramite cisterne. Potrebbe essere impiegato come
combustibile per centrali elettriche e impianti industriali, per impianti elettrici o di riscaldamento
domestici, per alimentare i mezzi di trasporto.
• La realizzazione dell'economia all'idrogeno, tuttavia, richiederà molti decenni. Tutto dipenderà
dalla possibilità di abbassare i costi di produzione dell'idrogeno. Infatti esso non esiste
in natura allo stato puro, bensì è legato ad altri elementi con cui forma acqua, rocce, petrolio.
L'estrazione dell'idrogeno da altre sostanze è possibile, ma richiede grandi quantità di
energia. Finora si è riusciti a produrre idrogeno a basso costo energetico estraendolo dall'acqua,
grazie a impianti alimentati da energia solare o da turbine eoliche. Alcuni di questi impianti
sperimentali a energia solare sono in funzione in Germania, Islanda e Arabia Saudita.
Zone particolarmente adatte alla loro installazione sono le aree desertiche rocciose dove non
si verifichino tempeste di sabbia. Si calcola che sarebbe sufficiente un'area desertica poco più
grande dell'Italia per produrre il 40% del fabbisogno energetico mondiale.
• Un po' come avviene già adesso con gli impianti domestici a energia solare, nell'economia
all'idrogeno l'energia non sarebbe prodotta solo dalle grandi società, ma anche dai singoli cittadini.
In tal modo, da semplici utenti essi diventerebbero produttori di energia collegati alla
rete di distribuzione elettrica. Ciò consentirebbe una distribuzione più equa della ricchezza generata
dallo sfruttamento delle fonti energetiche e diminuirebbe il pericolo di conflitti.

La geografia delle attività industriali

~ Le regioni più industrializzate non sono presenti solo nei paesi del Nord del mondo, ma
anche in paesi di nuova industrializzazione nel Sud. Le regioni del Nord con la maggiore
concentrazione di industrie sono: le aree costiere e quella nordorientale degli USA, il Giappone,
l'Europa centro-occidentale, la costa sudorientale dell'Australia. Fra i paesi del Sud
invece spiccano, in Asia, la costa orientale della Cina, le grandi aree urbane dell'India, Taiwan,
la Corea del Sud, Singapore, l'Indocina; in Africa la zona del Transvaal in Sudafrica e
del Cairo in Egitto; in America Latina, infine, il triangolo industriale del Sud del Brasile, le
aree urbane di Città del Messico, Montevideo, Buenos Aires.
~ La diffusione delle industrie è dovuta alla delocalizzazione, il trasferimento di un numero
crescente di impianti ii:idustriali dei diversi settori produttivi (tessile, alimentare, calza- ·
turiero, arredamento, meccanico, automobilistico, elettronico) dai paesi industrializzati a
quelli in via di sviluppo. Questi ultimi, infatti, presentano caratteristiche tali da consentire
migliori profitti ( ~ unità 9). Ad esempio, garantiscono ampia disponibilità di forza lavoro a
basso prezzo, esenzioni fiscali, assenza di diritti sindacali, vie di comunicazione sufficientemente
sviluppate, facile accesso a materie prime, possibilità di realizzare joint-venture con
imprese locali. La delocalizzazione, inoltre, è stata agevolata dallo sviluppo delle tecnologie
tele-matiche, dal miglioramento dei trasporti internazionali e dall'abolizione delle barriere
doganali che hanno reso più facile la spedizione e la vendita dei prodotti ovunque.
~ Se in una prima fase la delocalizzazione ha riguardato la produzione di merci a bassa tecnologia
(scarpe, abiti, giocattoli), negli ultimi anni si è estesa anche alle attività a tecnologia
avanzata ( elettronica e informatica). Alcuni paesi, come Taiwan o Singapore, dispongono ormai
delle attrezzature industriali più avanzate. Inoltre, di recente, il fenomeno ha interessa- 1
to non solo i grandi gruppi multinazionali, ma anche molte piccole e medie aziende.
~ Un altro processo che caratterizza l'industria odierna è la produzione internazionale integrata,
consistente nel realizzare un prodotto con parti fabbricate in paesi diversi e poi assemblate,
cioè montate, in un unico stabilimento (per esempio, l'aereo Airbus 380).

I settori della produzione industriale

..,. I settori industriali tradizionali, quelli di più antica origine, assorbono una grande quantità
di manodopera, impiegano tecnologie poco avanzate e producono beni di basso valore
I commerciale. Ne fanno parte le industrie tessile, metallurgica, calzaturiera, dell'arredamento,
dell'abbigliamento, della lavorazione del legno. Tutte queste attività, divenute poco redditizie
nei paesi più sviluppati, sono state progressivamente trasferite in quelli più arretrati.
..,. Per motivi simili, e perché si tratta di lavorazioni inquinanti e pericolose, è stata spostata
in tali paesi dal Nordamerica, dall'Europa e dal Giappone anche buona parte delle principali
industrie di base. Esse producono beni destinati ad altre imprese che poi li trasformano
in prodotti da vendere al pubblico. Si tratta dell'industria siderurgica (acciaio e ghis_a) e della
petrolchimica, da cui si ricavano benzine, concimi, fibre e materie plastiche.
..,. Ci sono poi i settori industriali maturi, così detti in quanto presenti da un secolo nel settore
secondario. È il caso dell'industria chimica, un comparto che richiede tecnologie molto
avanzate e manodopera altamente specializzata. Essa produce una vasta gamma di prodotti:
vernici, saponi, detersivi, farmaci, cosmetici, esplos_ivi, fertilizzanti, erbicidi e pesticidi, componenti
per automobili e apparecchi elettronici. Altri settori maturi sono: l'industria alimentare,
in fase di evoluzione tecnologica (surgelati, cibi pronti) e tuttora localizzata nel
Nord del mondo; l'industria automobilistica, strettamente legata all'innovazione tecnologica
e alla ricerca di nuovi modelli, ancora concentrata in Europa (30%), Giappone e Corea del
Sud (27%) e USA (11 %). Importanti centri produttivi automobilistici si stanno però sviluppando
in India e in Cina. Molto simile è la situazione della cantieristica navale, dove primeggiano
il Giappone e la Corea del Sud, che producono i 2/3 delle navi varate nel mondo.
..,. I settori ad alta tecnologia, infine, sono l'industria aerospaziale, l'aeronautica, l'elettro- ,
nica, le telecomunicazioni, l'informatica, la farmaceutica, le biotecnologie e l'industria degli
armamenti. Questi settori sono dominati dalle grandi potenze industriali. Agli USA appartengono
il 60% della produzione aerospaziale e il 40% dell'elettronica e dell'informatica.
Anche Giappone e Corea del Sud sono paesi piuttosto avanzati in questi settori, nei quali
hanno realizzato grossi investimenti"in termini di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie.
L'Europa, invece, non dispone di grandi gruppi industriali nell'informatica e nell'elettronica,
mentre è assai progredita nella produzione di telefoni cellulari, d'impianti di telecomunicazione,
nella robotica, nell'aerospaziale e nell'aeronautica.