Il sistema economico mondiale
La globalizzazione dell'economia
• Negli ultimi decenni il mondo si è sempre più trasformato in un gigantesco mercato senzafrontiere, all'interno di un sistema economico basato sulla libera concorrenza. Ciò ha
comportato una globalizzazione dei sistemi produttivi, con una crescita vertiginosa degli
scambi di merci, della diffusione di tecnologie, dei movimenti di denaro. Essa è stata favorita
dalla riduzione dei dazi doganali sul commercio internazionale e dall'enorme diminuzione
dei"tempi e dei costi di trasporto delle merci. Decisiva è stata inoltre l'introduzione di reti
e mezzi di comunicazione (Internet, cellulari, TV satellitare) che hanno velocizzato e reso
più economica la circolazione di informazioni, immagini, denaro, prodotti.
• Nell'economia mondiale hanno conquistato un potere senza precedenti le grandi imprese
multinazionali (""7 lezione 4), aziende di enormi dimensioni, presenti in più settori produttivi,
con sedi e filiali in numerosi paesi. Un ruolo centrale nella globalizzazione è svolto
poi da istituzioni internazionali come il WTO (World Trade Organization, Organizzazione
Mondiale del Commercio), che opera per la riduzione dei dazi doganali, l'FMI (Fondo Monetario
Internazionale) e la Banca Mondiale, che concedono prestiti agli stati più poveri. Queste
istituzioni, pur raccogliendo la maggior parte dei paesi del mondo, sono in pratica dominate
dal gruppo ristretto delle maggiori potenze mondiali, il cosiddetto G8, in grado di influenzare
sempre più le economie nazionali .
• In campo economico la globalizzazione ha avuto effetti positivi e negativi. Da un lato,
infatti, ha permesso un forte aumento degli scambi internazionali e la diffusione delle telecomunicazioni
tra milioni di persone prima escluse da ogni forma di informazione e comunicazione.
Ha inoltre favorito la crescita dei paesi sviluppati e l'industrializzazione di
una ventina di paesi del Sud del mondo (Cina, India, Corea del Sud, Sud-Est asiatico), fino a
poco tempo fa molto arretrati. Dall'altro, però, il miglioramento delle condizioni di vita di
molti abitanti è awenuto attraverso lo sfruttamento di manodoperél a basso costo e con pochi
diritti: in molti paesi la semplice partecipazione a uno sciopero può costare la vita a un
lavoratore. Gli stati già molto poveri non sono stati coinvolti in questi processi e in essi sono
rimaste largamente diffuse la miseria e l'emarginazione. Infine, la chiusura di stabilimenti
nei paesi sviluppati e il loro trasferimento nel Sud del mondo ha provocato disoccupazione
e povertà nel Nord: per molti lavoratori europei o nordamericani, schiacciati dalla
concorrenza di quelli sottopagati del Sud, sono peggiorate le retribuzioni e le condizioni
di lavoro.
Le multinazionali
• Le multinazionali sono imprese di grandi dimensioni che operano in diversi settori e possiedonola sede principale in un paese del Nord del mondo oltre a numerose filiali o aziende
all'estero. Oggi si contano circa 65 000 multinazionali, con circa 850 000 filiali estere e 54
milioni di occupati. La maggior parte delle prime 100 sono europee (soprattutto francesi, tedesche
e inglesi), statunitensi e giapponesi.
• Per dare un'idea della potenza economica di questi colossi basti pensare che da soli controllano
i 2/3 del commercio internazionale. Le multinazionali più grandi, inoltre, producono
un fatturato annuo superiore al reddito nazionale di moltissimi stati di medie dimensioni.
Negli ultimi decenni hanno trasferito gran parte delle attività produttive dai paesi
d'origine (Europa, Nordamerica, Giappone) in paesi poco sviluppati, dove i salari sono bassissimi,
le norme a tutela dell'ambiente e dei lavoratori limitate o inesistenti.
Molte non producono più nulla direttamente perché affidano, per mezzo di appalti, la
produzione a piccole imprese locali che spesso si servono anche di lavoranti a domicilio. I loro
sforzi sono concentrati nelle grandi campagne pubblicitarie in cui promuovono il proprio
marchio.
• I governi degli stati nazionali si sono indeboliti rispetto al passato e spesso non riescono a
imporre delle regole all'operato delle multinazionali. Al contrario, queste chiedono e ottengono
particolari facilitazioni per costruire o mantenere i propri impianti industriali. Negli
ultimi decenni sono nate così, nei paesi in via di sviluppo, oltre 1000 aree di produzione industriale
rivolte all'esportazione, dove lavorano circa 27 milioni di persone. Si tratta di aree
speciali in cui le multinazionali o le aziende a esse collegate non pagano tasse per 5-10 anni e
non sono tenute a rispettare le norme nazionali riguardanti i diritti dei lavoratori.
~ Negli ultimi anni diversi sindacati o associazioni di volontariato hanno organizzato campagne
di protesta contro quelle multinazionali che nel Sud del mondo hanno impiegato
manodopera infantile e non hanno rispettato i diritti fondamentali dei lavoratori.
Gli aiuti allo sviluppo
• L'aiuto pubblico allo sviluppo dei paesi del Sud del mondo è promosso innanzitutto dai governidel Nord del mondo e da istituzioni sovranazionali legate all'ONU: l'UNDP (l'Agenzia
per lo sviluppo), la FAO (l'Organizzazione per l'alimentazione e l'agricoltura), l'UNICEF (il
Fondo per l'infanzia) e l'UNESCO (l'Organizzazione per l'educazione, la scienza e la cultura).
Questo impegno nasce soprattutto dalla consapevolezza che lo sviluppo dei paesi poveri sti- 1
molerebbe la crescita economica e la stabilità politica in tutto il pianeta, riducendo anche
le guerre, le emigrazioni e gli atti di terrorismo.
• Nel 1975 i paesi più avanzati del mondo s'impegnarono a versare lo 0,7% del loro reddito
annuo per gli aiuti allo sviluppo. Pochissimi, però, hanno mantenuto la parola data; anzi, alcuni
(come USA e Italia) sono tuttora sotto lo 0,2% annuo e la maggioranza non arriva allo
0,4%. Se l'impegno fosse stato mantenuto, i paesi meno sviluppati avrebbero dovuto avere il
triplo di quanto ricevuto finora. Per rendersi conto di quanto siano limitati gli interventi di
aiuto, è sufficiente notare come i paesi ricchi spesso spendano di più in sussidi interni che in
investimenti per lo sviluppo. L'Unione Europea, ad esempio, ogni anno stanzia per i suoi allevatori
720 euro per ogni capo di bestiame, mentre destina 6 euro per persona alle popolazioni
dell'Africa sub-sahariana, il cui reddito medio per abitante è di 500 euro l'anno. Lo stesso fanno
il Giappone, che spende 2100 euro l'anno per capo di bestiame, o gli USA, che sborsano 8
milioni di euro al giorno per i loro produttori di cotone.
• Non sempre gli interventi umanitari e i progetti di cooperazione avviati da governi o da organizzazioni
pubbliche sovranazionali hanno raggiunto gli obiettivi che si erano posti. Accanto
a interventi importanti per far fronte a emergenze drammatiche (guerre, catastrofi naturali
ecc.) o a progetti riusciti (vaccinazioni di massa, costruzione di ospedali, università) ci
sono stati notevoli sprechi e valutazioni sbagliate. Gli aiuti alimentari a volte non hanno raggiunto
le popolazioni bisognose e sono stati requisiti da bande armate o da funzionari governativi
corrotti. Altre volte sono stati avviati progetti faraonici di autostrade o di giganteschi
impianti industriali rimasti incompiuti perché troppo complessi da gestire o estranei alla
realtà sociale ed economica locale. In certi casi, poi, i fondi stanziati sono tornati in realtà ai
paesi più ricchi sotto forma di guadagni per impianti e infrastrutture realizzate da imprese
del Nord del mondo (imprese edili, elettroniche, strumenti e macchinari sanitari) utilizzando
propri tecnici e funzionari.
Le Organizzazioni Non Governative
• Negli ultimi anni è cresciuta la sensibilità degli abitanti dei paesi industrializzati nei confrontidei problemi dei paesi poveri. Milioni di persone s'impegnano in attività di volontariato,
di cooperazione allo sviluppo, di sostegno a progetti di aiuto o di adozione a distanza .
..,. In questo contesto si sono sviluppate notevolmente le grandi ONG (Organizzazione Non Governativa),
associazioni internazionali senza fini di lucro (guadagno), spesso finanziate da milioni
di sostenitori. Tra queste vi sono Caritas, Medici senza frontiere, Emergency, Greenpeace
ecc. Le ONG svolgono interventi umanitari di vario genere: dall'assistenza medica nelle zone
di guerra o colpite da carestie ed epidemie, ai progetti di sviluppo agricolo, alla costruzione di
scuole e orfanotrofi, alla difesa degli ambienti naturali, al sostegno di cooperative femminili o
di progetti contro il lavoro minorile e la prostituzione. Accanto a queste operano poi in Europa
e in America migliaia di piccole associazioni locali denominate Onlus (Organizzazione Non
Lucrativa di Utilità Sociale), che realizzano progetti di cooperazione allo sviluppo nei paesi
più poveri. I progetti delle ONG e delle associazioni di volontariato spesso hanno avuto più successo
di quelli avviati dai governi, perché realizzati in collaborazione con associazioni no prof!!
locali, in modo da coinvolgere gli abitanti nella costruzione del proprio futuro .
• Una delle iniziative più riuscite è quella del commercio equo e solidale, che assicura ai
produttori dei paesi poveri il pagamento di un prezzo equo per i loro prodotti (zucchero, caffè,
banane ecc.), superiore a quello pagato dalle multinazionali. In questo modo si garantisce
il rispetto dei diritti dei lavoratori, l'eliminazione del lavoro minorile, la difesa dell'ambiente
e il reinvestimento di parte dei ricavi nella costruzione di scuole, strade, ospedali.
• La finanza cosiddetta etica è in via di espansione. È realizzata da piccole banche e società
che, pur garantendo ai clienti un guadagno, investono i loro soldi per finanziare attività socialmente
utili, come la cooperazione internazionale, la tutela dell'ambiente, il sostegno ai disabili
e agli emarginati. In Bangladesh, nella regione indiana, la Grameen Bank, fondata dall'economista
Muhammad Yunus, ha varato con successo la pratica del microcredito, il prestito di
piccole somme senza la richiesta di beni di garanzia. I microcrediti permettono l'acquisto di
strumenti e materiali per il miglioramento dell'agricoltura o per l'avvio di piccÒlissime attività
di tipo artigianale. Sono soprattutto le donne ad aver utilizzato questi prestiti, restituiti nel
95% dei casi. In trent'anni la «banca dei poveri» ha aiutato milioni di persone a uscire dalla povertà
ed è ora presente in 40 000 villaggi del Bangladesh.