La popolazione mondiale
Quanti eravamo, quanti siamo, quanti saremo
- Nell'ottobre del 1999 la popolazione del pianeta ha ufficialmente raggiunto i sei miliardidi esseri umani. Oggi la cifra è diventata di circa 6,4 miliardi di individui, un dato straordinario
se si pensa che all'inizio del Novecento la Terra contava solo 1,5 miliardi di abitanti e
nel 1950 2,5 miliardi. Ciò è ancor più stupefacente se si pensa all'estrema lentezza e alla discontinuità
della crescita della popolazione nel corso della storia dell'uomo. Per tre milioni
di anni, infatti, dalla comparsa dei primi uomini fino a tutto il paleolitico, la popolazione
mondiale non andò oltre i 5 milioni di individui.
- Solo dopo la rivoluzione neolitica, che introdusse l'agricoltura e l'allevamento, e quindi
maggiori quantità di cibo, la popolazione aumentò rapidamente e arrivò a circa 250 milioni
di individui all'inizio dell'era cristiana. In seguito, per molti secoli la popolazione mondiale
manifestò una crescita a intermittenza in cui le fasi d'espansione, dovute al miglioramento
delle condizioni di vita, si alternarono a momenti di grave crisi causati da guerre, carestie,
epidemie. Ad esempio, intorno all'anno Mille la popolazione era in numero quasi identico a
quella dell'anno zero. Successivamente, per effetto dell'introduzione di nuove tecniche agricole
che permisero di incrementare i raccolti, essa aumentò. Nel Trecento gli abitanti della
Terra giunsero a 430 milioni, ma poi vi furono altre battute d'arresto a causa di guerre e, soprattutto
in Europa e in Asia, di epidemie di peste e vaiolo. In America, invece, la popolazione
fu decimata nel corso del Cinquecento dall'arrivo dei colonizzatori europei.
- La popolazione mondiale ricominciò lentamente ad aumentare solo dopo il.Seicento,
quando raggiunse i 500 milioni di persone. La svolta, tuttavia, si ebbe in Europa intorno alla
metà del Settecento, grazie alla rivoluzione industriale, all'introduzione di nuove tecniche
agricole e soprattutto alle scoperte mediche di vaccini e farmaci. Nei paesi dell'Europa occidentale
e del Nordamerica iniziò a calare il tasso di mortalità, mentre quello di natalità rimase
elevato: così, in poco tempo, nell'anno 1800 la popolazione si avvicinò al miliardo.
- Dopo la prima metà del Novecento, grazie alla diffusione delle tecnologie e delle conoscenze
mediche di base, la crescita ha interessato tutti i continenti della Terra; nell'ultimo
trentennio si è avuta una vera e propria esplosione demografica concentrata nei paesi meno
sviluppati. In questi ultimi anni, però, il tasso di crescita della popolazione mondiale ha
registrato un leggero rallentamento. Questo perché il tasso di natalità, da decenni assai basso
nei paesi più ricchi, comincia a diminuire anche nei paesi meno sviluppati.
Spazi vuoti e spazi sovraffollati
- La popolazione è distribuita in modo molto irregolare sulla Terra: 1'80% degli abitanticoncentrato sul 20% delle terre emerse. Vi sono spazi fittamente abitati e spazi disabitati:
popolazione si addensa nelle pianure e lungo le coste, soprattutto degli ambienti tempera
e tropicali umidi dell'emisfero settentrionale. Quasi disabitate sono invece le aree deser
che, le grandi foreste pluviali, le zone polari e la tundra .
- Le regioni mondiali più popolate sono l'Asia meridionale e l'Asia orientale, dove vivon
circa 3 miliardi di persone, quasi la metà della popolazione mondiale. Altre regioni dens
mente abitate sono l'Europa, l'America nord-orientale e alcune aree costiere del Sudameri
e dell'Africa. Sono invece quasi spopolate la Russia asiatica (Siberia), l'Oceania, l'Africa sah
riana, gli spazi interni del Sudamerica, la fascia settentrionale del Nordamerica e natur
mente l'Antartide. La gran parte della popolazione mondiale abita in paesi poco sviluppati
ciò sarà ancora più vero in futuro, dato il maggior tasso di crescita della popolazione di qu
ste aree rispetto a quelle più sviluppate.
- La maggior concentrazione di abitanti in alcune aree dipende da caratteristiche natura
favorevoli come il clima mite, la presenza di terre fertili o la vicinanza del mare che ha pe
messo di sviluppare il commercio e la pesca. Il 75% della popolazione mondiale, infatti, vi
a meno di 500 km dal mare. Anche le zone vicine ai grandi fiumi (come il Nilo in Egitto o
Fiume Azzurro in Cina) o le sponde dei maggiori laghi (come in America settentrionale) son
molto popolate. Una caratteristica naturale negativa è invece l'altitudine: il 60 % della pop
lazione del pianeta vive infatti entro i 200 mdi altitudine sul livello del mare, mentre le z
ne di alta quota sono spopolate a causa dell'ambiente inospitale.
- Anche fattori di tipo storico, sociale ed economico influiscono sulla distribuzione dell
popolazione. La tratta degli schiavi neri ha causato lo spopolamento di vaste zone dell'Afric
centro-occidentale, mentre le grandi migrazioni dall'Europa verso le Americhe hanno a
mentato la densità di abitanti delle coste orientali del Nordamerica. La presenza di opport
nità lavorative, soprattutto nell'industria e nei servizi, favorisce la concentrazione degli ab
tanti. Per questo motivo le città attraggono la popolazione
Lo sapevi che ...
I paesi più densamente abitati sonoil Bangladesh [904 abitanti per
km2l, la Corea del Sud [481 l e i
Paesi Bassi [391 l. Quelli meno popolati
sono la Mongolia, la Namibia
e la Mauritania [tutti con meno
di 3 abitanti per km2l.
Il 90% della popolazione mondiale
vive nell'emisfero settentrionale,
tra il 20° e il 60° di latitudine
nord.
I movimenti migratori
~ Le migrazioni internazionali oggi riguardano circa 150 milioni di persone (il 2,5% dellapopolazione mondiale), che si sono stabilite in un paese diverso da quello d'origine. Le migrazioni
sono sempre awenute nella storia dell'umanità e sono causate principalmente da
squilibri economici e demografici. Le persone lasciano il proprio paese quando c'è una forte
crescita della popolazione non accompagnata da un adeguato sviluppo economico: anche
oggi, come negli ultimi due secoli, il desiderio di sfuggire alla miseria è la molla principale
che spinge all'emigrazione.
~ Negli ultimi decenni sono cambiati i luoghi d'origine e di arrivo dei più importanti flussi
migratori. Tra l'Ottocento e il primo Novecento decine di milioni di europei lasciarono i
propri paesi per cercare fortuna nelle Americhe e in Australia, ancora poco popolate. Oggi
invece gli emigranti partono dai paesi poveri del Sud del mondo in crescita demografica e si
dirigono verso le nazioni del Nord del mondo, in particolare America settentrionale ed Europa
occidentale. Esistono anche migrazioni da un paese all'altro del Sud del mondo: per
esempio, nei paesi petroliferi dell'Asia occidentale (Arabia Saudita e Kuwait) arrivano immigrati
dagli stati a minore sviluppo economico. Le migrazioni coinvolgono perciò quasi tutti
i paesi del pianeta e interessano non soltanto lavoratori maschi poco specializzati, come accadeva
in passato, ma anche donne povere e giovani qualificati. Si verificano inoltre migrazioni
tra stati ricchi: il fenomeno interessa tecnici e scienziati che si spostano in particolare
dall'Europa agli USA.
~ Le migrazioni hanno notevoli conseguenze sulle popolazioni e sulle economie dei paesi
interessati sia dalle partenze sia dagli arrivi dei migranti. In quelli economicamente sviluppati,
per esempio; l'arrivo degli immigrati ha compensato il calo della popolazione (causato
dalla diminuzione delle nascite) determinando un lieve incremento degli abitanti. I lavoratori
immigrati colmano anche il vuoto dovuto alla diminuzione di giovani in età lavorativa e
contribuiscono a mantenere in equilibrio i sistemi pensionistici. Nei paesi poveri l'emigrazione
da un lato priva la popolazione dei suoi abitanti più giovani e istruiti, dall'altro consente
ogni anno l'afflusso di decine di miliardi di dollari grazie alle rimesse, somme di denaro
che gli emigranti inviano nel loro paese d'origine.
Pochi, anziani e ricchi; molti, giovani e poveri
- La popolazione mondiale non aumenta in modo uniforme in tutto il mondo. Nei paesipiù ricchi, che hanno avuto la massima espansione verso la metà dei Novecento, la popolazione
è ora in fase di crescita zero. In alcuni casi il numero delle nascite è addirittura inferiore
a quello delle morti e la popolazione diminuisce. Un'eccezione è costituita dagli Stati
Uniti, dove c'è un discreto aumento demografico: la natalità si mantiene abbastanza elevata
anche grazie alla presenza dei molti immigrati.
- La crescita zero dei paesi sviluppati si deve a complesse trasformazioni sociali ed economiche.
Con il passaggio da società contadine a società urbano-industriali sono infatti cambiati
profondamente la mentalità, i ritmi di vita, il tipo di famiglia, il ruolo degli uomini e delle
donne. Queste hanno raggiunto un livello d'istruzione migliore rispetto al passato e sono
sempre più inserite nel mondo nel lavoro, anche per contribuire all'economia familiare. Oggi
le coppie tendono ad avere 1 o 2 figli al massimo, in modo da poter assicurare loro un'educazione
migliore e un buon tenore di vita. Il calo delle nascite, insieme all'allungamento della
durata media della vita, ha determinato un invecchiamento della popolazione, cioè un aumento
degli anziani sul totale degli abitanti. Nei paesi sviluppati le persone sopra i 60 anni sono
1/5 della popolazione e superano i giovani con meno di 15 anni. In alcuni stati europei (come
Francia e Danimarca) i governi hanno introdotto politiche demografiche nataliste, volte
cioè a incoraggiare le nascite tramite contributi in denaro alle famiglie con più figli.
- I paesi meno sviluppati hanno registrato negli ultimi decenni un enorme incremento
demografico che solo recentemente è rallentato. Il tasso di fecondità supera spesso i 3 figli
per donna, quindi la natalità è molto elevata. Anche il tasso di mortalità è alto, perciò la popolazione
è giovane: i ragazzi al di sotto dei 15 anni ne costituiscono quasi la metà. Questo si
spiega con il permanere di società e stili di vita tradizionali, in cui la donna spesso non ha accesso
all'istruzione ed è attiva solo all 'interno della famiglia. Nelle società agricole i giovani
sono un'importante forza-lavoro e molti figli rappresentano una garanzia per la famiglia in
una situazione di alta mortalità infantile. In alcuni paesi a elevata natalità (Cina e India) le
difficoltà economiche hanno indotto i governi ad adottare politiche antinataliste, finalizzate
a diminuire le nascite. In Cina, per esempio, è proibito avere più di un figlio per coppia,
pena la perdita di contributi economici e l'emarginazione sociale.
Il divario nell'istruzione
- Negli ultimi decenni l'istruzione ha fatto molti passi in avanti nel mondo. Il tasso modiale di alfabetizzazione degli adulti è infatti passato dal 48% del 1970 al 72% del 2000 e i
quasi tutti i paesi è aumentata la percentuale delle persone che frequentano le scuole e
università. Tuttavia gli analfabeti sono tuttora 875 milioni e vivono per i 3/4 nei nove pae
in via di sviluppo più popolosi. I 2/3 di costoro sono donne, particolarmente discriminate e
escluse dalle scuole negli stati più arretrati. Oggi, poi, nei paesi poveri circa 100 milioni
bambini in età scolare, in maggioranza femmine, non possono accedere all'istruzione el
men tare poiché il loro tempo è occupato da attività domestiche e lavorative.
- Anche nell'istruzione, quindi, si registrano grandi differenze tra i vari stati. In quasi t
ti i paesi industrializzati, infatti, il tasso di alfabetizzazione sfiora il 100%, mentre in alcu
dei paesi più poveri del mondo (Africa sub-sahariana, Asia meridionale) l'analfabetismo in
ressa dal 60 al 90% della popolazione. Ci sono tuttavia paesi (Cuba, Brasile, Ecuador, Cin
Vietnam) in cui il tasso di alfabetizzazione ha raggiunto il 70-"85% della popolazione grazie
scelte precise compiute dai governi e altri che presentano differenze al loro interno: in M
rocco, per esempio, il tasso di analfabetismo è del 75% in campagna, mentre scende al 37%
città. In molti paesi avanzati esiste il problema dell'analfabetismo di ritorno: in particolar
negli USA e nel Regno Unito colpisce il 20% della popolazione adulta delle classi meno a
bienti, contro una media nazionale dello 0,5%. ·
- Le differenze nei livelli d'istruzione sono in gran parte determinate dalla quantità di fo
di che i diversi governi utilizzano per le istituzioni scolastiche. Attualmente i paesi ind
strializzati spendono per l'istruzione in media più di 800 euro l'anno per abitante, contr
circa 40 euro dei paesi poveri. In concreto ciò significa che mentre in Norvegia ci sono 7 alu
ni per maestro nelle scuole elementari, in India ce ne sono 71 e nella Repubblica Centroa
cana 99. In alcuni paesi dell'Africa le difficoltà economiche hanno portato, come per la sal
te, a una riduzione delle spese per l'istruzione e al crollo dei sistemi scolastici.
La salute, un bene non accessibile a tutti
~ Negli ultimi decenni la medicina ha compiuto enormi progressi nella conoscenza dellemalattie e oggi dispone di strumenti e tecniche chirurgiche avanzatissime, oltre che di farmaci
sempre più efficaci. Tutto ciò non è però disponibile per la maggior parte della popolazione
mondiale, quella che vive nei paesi del Sud del mondo, dove secondo l'Organizzazione
Mondiale della Sanità la situazione sanitaria è catastrofica. Al giorno d'oggi ancora centinaia
di milioni di persone dei paesi più poveri non hanno accesso alcuno alle cure e all'assistenza
sanitarie.
~ Questo incide profondamente sulla speranza di vita e la mortalità infantile. Nei paesi industrializzati
la speranza di vita si aggira intorno ai 79 anni, per scendere ai 70 dell'America
centro-meridionale e dell'Europa orientale, ai 64 dell'Asia meridionale e precipitare ai 46
dell'Africa sub-sahariana. Allo stesso modo, mentre in Europa o in America settentrionale
muoiono mediamente 5 bambini su mille prima dei 5 anni, in molti paesi dell'Africa o dell'Asia
sono oltre 200 i bambini morti ogni 1000 (più di 1 su 5). Inoltre se nei paesi sviluppati
la morte di una donna per parto o durante la gravidanza è un fatto rarissimo, nei paesi più
poveri questo accade per 1 donna ogni 50 parti.
~ Mentre nei paesi progrediti tutte le malattie infettive più gravi sono state debellate, nella
maggior parte di quelli in via di sviluppo alcune di esse, come la tubercolosi o la malaria, affliggono
ancora la popolazione. A ciò si aggiunge la tragedia dell'AIDS, un'epidemia che ormai
ha infettato 30 milioni di africani (tra cui 1 milione di neonati sieropositivi) e oltre 9 milioni
di asiatici, mietendo in Africa 2,4 milioni di vittime ogni anno e minacciando la sopravvivenza
di intere nazioni. Anche malattie come il morbillo e la diarrea, curabilissime
nei paesi ricchi, sono mortali, soprattutto per i bambini delle regioni più povere della Terra.
Spesso associate e aggravate da malnutrizione e denutrizione, esse si devono all'assenza di
vaccinazioni o alla mancanza di acqua potabile (1,4 miliardi di persone non vi ha accesso).
~ Lo stato sanitario disastroso dei paesi più poveri è determinato non solo dall'alimentazione
insufficiente e dalla carenza di igiene, ma anche dalla povertà: molti medicinali di base sono
venduti a un prezzo troppo alto per la stragrande maggioranza della popolazione. A ciò si
aggiunge la mancanza di personale medico: nei paesi poverissimi si trova un medico ogni
10 000 abitanti contro uno ogni 300 abitanti dei paesi ricchi. Negli ultimi decenni, inoltre, i
governi dei paesi poveri, per rimborsare il debito estero contratto con i paesi più industrializzati,
hanno ridotto le già esigue spese per la sanità e gli ospedali pubblici. Sono così sorte
strutture mediche private assai costose, inaccessibili a gran parte degli abitanti.